domenica 19 settembre 2010

Perbacco, ci siamo!

«Invito al primo corso di cucina emotiva: Il Mare d’Autunno.»

Partecipano:

i sentieri dell’isola

la nepitella di campo

la menta di fosso

il rosmarino selvatico

il finocchio in fiore

i fichi d’India

i cachi

i melograni

la sedanina di fosso

una manciatina di more di rovo

il pesce locale

il sole

il mare

il Cotoncello

il Maciarello

l’aria salmastra

il venticello autunnale

il desiderio di condivisione



Non manca mai, è vero… ma oggi particolarmente faccio i conti con la mia emozione. Sì perché questa è la prima vera esperienza condivisa di “cucina emotiva”: mica semplice! Non è facile perché si tratta di un racconto che parte da lontano e che coinvolge tutti i sensi, confondendoli. E’ la storia di una ricerca lenta, paziente, in parte inconsapevole che ho condotto negli anni, avvicinandomi a questo strano e affascinante mondo dell’accoglienza. Anno dopo anno, stagione dopo stagione, si precisava dentro di me il desiderio di condivisione con l’ospite senza che questo significasse “obbligarlo alla mia presenza” (no, no, no). Semplicemente mi rendevo conto di quanto frenetiche e “povere di affetti” fossero le vite dei più, schiacciate da doveri, incastrate tra scadenze e responsabilità… e spontaneamente avvertivo il bisogno di creare uno spazio, qui al Cernia, in cui si facesse esperienza di qualcosa di totalmente diverso. Col tempo ho iniziato a pensare a questo albergo come a una casa degli affetti, lo spazio in cui il tempo si svuota del suo frenetico contenuto di affanni e scandisce l’alternarsi dei momenti della giornata in cui imparare a “riprendersi” cura di sé.
In questa visione condivisa, è evidente, un ruolo di elezione lo hanno svolto i linguaggi. Arte, musica, poesia, ceramica, antichi mestieri…. Tutto è finito nell’ampio calderone emotivo che non smette di sobbollire dolcemente. Ma non bastava… non poteva bastare. Cercavo qualcosa di “intimo”, di personale, di assolutamente soggettivo eppure gioiosamente condivisibile con tante persone simultaneamente. Cosa poteva essere? Col tempo ho capito: una crema al rosmarino.
Sorrido: impossibile che vi sia chiaro ciò che intendo, mi spiego meglio. Ho sempre nutrito una grande passione per la cucina, rintracciando in essa IL linguaggio per antonomasia. Per me è l’insieme di codici condivisi, allo stesso tempo intimi e personali, di cui abbiamo fatto l’esperienza da subito, appena nati. Non c’è linguaggio più antico, quindi, e più intrinsecamente legato a un gesto di amore (quello di una madre che nutre suo figlio). Non poteva sfuggirmi, allora. Dovevo trovare il degno interprete di una simile alchimia di gesti di affetto e attenzione verso il prossimo e l’ho trovato in Michele… per un caso che caso non è.
Anni fa ho frequentato (a sentire il Nardi con scarso profitto) un corso di cucina da lui condotto, mossa dalla mia proverbiale curiosità e probabilmente anche dal mio amore per questo insieme di gesti affettuosi e gustosi al tempo stesso. Non ne fui appagata fino i fondo. I tagli della carne, il fondo bruno, la maionese e altri fondamentali (i grandi classici in cucina) non mi bastavano. Io cercavo altro… ero a caccia di emozioni. Così per gioco ho cominciato a raccogliere le mie amate erbe. L’isola è incredibilmente ricca di essenze e ci da modo di perpetuare l’emozione provata sui sentieri anche in cucina attraverso l’utilizzo di ingredienti “randagi”. Così, sempre per gioco, un giorno al corso Michele mi disse di aver provato a fare una crema pasticcera con il rosmarino da me raccolto e fu illuminazione. In quel preciso istante, non solo capii che sarebbe stato il cuoco adatto alle sperimentazioni che volevo fare in hotel, ma compresi quello che volevo fare da grande. Finalmente avevo compreso il tipo di cucina che si armonizzava con tutto ciò che al Cernia accadeva e sarebbe accaduto negli anni seguenti.


CUCINA EMOTIVA, questo è il nome che le abbiamo dato perché intimamente connessa con il nostro mondo delle emozioni. Una cucina cioè che prova a mescolare insieme ricordi di vecchie ricette legate al nostro vissuto, all’infanzia, agli affetti, con la creatività che ci permette, a partire dagli ingredienti reperibili nei nostri sentieri, di giocare trovando nuove inaspettate armonie di gusto a partire da sorprendenti ma spesso anche semplicissimi accostamenti. Una emozione, un’insieme di emozioni, un concatenarsi mai uguale di impressioni, piccole madeleine, suggestioni che riportino gli stessi profumi e i colori intensi di cui si fa l’esperienza durante una passeggiata lungo costa o nei nostri bellissimi sentieri.
Un inno alla gioia di vivere in questo luogo, un omaggio alla straripante bellezza di una Natura generosa, un pensiero di gratitudine perché siamo qui, ora, a condividere questa mensa. Questo per me, significa cucina emotiva e con un filo di emozione, appunto, vi prenderò per mano in silenzio e andremo a camminare tra i sentieri.


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